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UCRAINA: UNA NUOVA GUERRA NEL CUORE DELL’EUROPA

Sono le quattro del mattino di giovedì 24 febbraio, le truppe russe sono entrate in Ucraina dalla Crimea e dalla Bielorussia, prendo il pezzo che stavo scrivendo per questo rubrica e lo straccio, non ha più senso. Lo sapevo, lo sapevamo, che sarebbe andata a finire in questo modo, ma chissà per quale motivo abbiamo allontanato il pensiero. L’idea che una guerra potesse essere programmata, pianificata, che potesse seguire il solito triste teatrino di tante altre situazioni, sembrava cosa irreale. Ma non per chi ci stava pensando da chissà quanto tempo.

E’ evidente che l’Ucraina è importante per l’Unione Europea (da lì passa quasi il 30 per cento del gas che ci arriva da Mosca) e addirittura strategica sia per gli Stati Uniti che per la Russia, per la quale Kiev rappresenta, oltretutto, il cuore medievale dell’impero zarista. Dopo il crollo del muro di Berlino e l’ingresso nell’Unione Europea e nella NATO delle Repubbliche Baltiche e degli altri Paesi dell’ex blocco orientale (Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria) è lì, in Ucraina, che si era posto il nuovo confine tra i due mondi. Ma che una guerra potesse scoppiare in spregio a qualsiasi trattativa diplomatica e quasi annunciata dal solito, e triste, protocollo del riconoscimento di una fazione separatista (le repubbliche del Donetsk e del Luhansk) e dal seguente casus belli voluto e provocato, no, non lo volevamo credere. Eppure è andata proprio così. Ed è dal 2014 che qualcuno ci stava lavorando, da quando il presidente filorusso Viktor Yanukovych fu sostituito con uno più aperto all’occidente, Petro Poroshenko, vincitore fra l’altro di libere elezioni.

A chi la guerra l’ha conosciuta, fosse solo nei segni dei palazzi bombardati o dai racconti dei sopravvissuti (a San Lorenzo, il quartiere di Roma dove sorge la chiesa dell’Immacolata, sono presenti ancora gli uni e gli altri), la guerra non solo spaventa ma colpisce nell’anima. La sterile condanna dell’invasione pronunciata dai leader mondiali non sposta di un millimetro il focus delle considerazioni né alleggerisce di un grammo il peso subito dalle popolazioni coinvolte. Intrappolati dagli interessi economici e dagli equilibri geopolitici, i grandi del mondo non hanno saputo evitare il disastro annunciato, fossero solo i sette poveri morti che si sono registrati alla fine del primo attacco. Ognuno ha visto ciò che voleva vedere e chiuso gli occhi su ciò che gli era sgradito.

La guerra non scoppia da un giorno all’altro, non è frutto del singolo episodio o del caso, ma è la somma di tanti eventi che si affastellano l’uno sull’altro e che alla fine ti presentano il conto. Come la guerra anche la pace non si costruisce dall’oggi al domani. Non puoi nutrire tuo figlio di oggetti senza prestargli attenzione e senza educarlo all’amore; non puoi vivere tranquillo senza interessarti di ciò che avviene all’angolo di casa; non puoi non leggere quello che succede nel Sud del Mondo, in Africa ed in tanti altri Paesi dell’Asia o dell’America Latina, perché sono posti lontani e a te, in fondo, non ti riguarda. Anche questo alla fine ti presenta il conto. Ed è un conto che devono pagare tutti.

Ai primi del mese, in occasione della Giornata mondiale della Fratellanza Umana, Papa Francesco ha detto che: “Oggi non è tempo di indifferenza, o siamo fratelli o crolla tutto”. E che questa non sia una mera espressione letteraria è sotto gli occhi di tutti. Tutti possono osservare come si distruggono i popoli, come si spengono le speranze dei giovani, come sono costrette all’esilio intere popolazioni che vivono questa “Terza Guerra Mondiale a Pezzetti”. E’ perché siamo fratelli che vivono sotto lo stesso cielo - e perché, lo ripetiamo, la pace non si costruisce dall’oggi al domani - che dobbiamo continuare a promuovere “lo sviluppo, la tolleranza, l’inclusione, la comprensione reciproca e la solidarietà”. E’ perché siamo fratelli a dispetto di dove viviamo, del colore della pelle, della religione, o di qualunque altra condizione umana che dobbiamo continuare a sentirci “Cittadini dello stesso mondo”.

Tratto da: Vita Giuseppina

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