TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE. LA STORIA DI BRIAN
“Escuelas Resilientes” e “Wash”; educazione e acqua per l’Amazzonia - Di Brian Rodriguez, Corpi Civili di Pace - Tena (Ecuador)
Neanche un mese in terra nativa che già mi ritrovo sballottato tra due posti, Lago Agrio e Tena. Entrambe situate nell’oriente, in una lingua di terra amazzonica, concentramento di gruppi culturali e subculturali fra i più svariati.
Uno è al confine con la Colombia, zona di transito un po’ “caliente” e l’altra al centro-sud del Paese, bella avvolta dalle sue montagne in una terra rigogliosa e piena di vita.
La fine della stagione delle piogge detta un ritmo portante ad entrambi i posti, tetti di lamiera come percussioni da percuotere per una pioggia che sa come animare le giornate piatte e grigie.
Maggio-giugno mi vede impegnato nel progetto dell’UNICEF: “Escuela Resiliente”, inizio in un ambito educativo che vede il coinvolgimento per cinque settimane di un gruppo di 12 operatori per l’implementazione di un programma, post curriculare, sulla complessa tematica dell’educazione ambientale come risposta alle situazioni di emergenza, come il cambiamento climatico e gli svariati disastri naturali che ne comporta.
Questo progetto trova lì spazio perché ritenuta una regione con alta presenza di comunità vulnerabili dell'Amazzonia, sensibili al cambiamento climatico, al rialzo delle temperature e alla siccità che compromettono la sicurezza idrica.
I gruppi sono stati suddivisi per fascia d’età, formandone tre principali, in modo da coinvolgere tutte le classi dell’unità educativa. Le scuole partner sono state quattro in totale e in tutte mi sono ritrovato a collaborare con due volontarie civiliste provenienti da Tena.
Come facilitatori del gruppo 5-8 anni, abbiamo sviluppato una metodologia didattica e propedeutica per l’acquisizione di queste cinque unità formative: Igiene personale; Educazione energetica; Economia circolare; Agroecologia; Cambiamento climatico.
Concetti complessi e impegnativi per quella fascia d’età, è stato quindi necessario riadattare il tutto in modo creativo e coinvolgente, usando esempi di vita quotidiana e reali, identificati o per lo meno riconosciuti, anche in modo automatico, da tutti gli studenti.
E’ stato molto divertente e stimolante vedere che ogni scuola rispondeva in modo diverso, per la sua collocazione territoriale all’interno della città e la sua conformazione sociale di quella specifica area.
Una sfida di un mese che mi ha insegnato molto sulla realtà nuda e cruda di quel pezzettino di terra Pre-amazzonico, che vede attraversare nel suo territorio una moltitudine complessa di problematiche svariate ormai presenti da anni, che toccano varie tematiche, come quella del flusso migratorio (legale e non di frontiera), la deforestazione e contaminazione del territorio (fiumi, sorgenti, foresta), le miniere illegali e lo sfruttamenti di petrolio con le piattaforme di estrazione e i suoi “mecheros”, fiammelle imperterrite ormai parte fissa del paesaggio nelle zone interne dell’Amazzonia.
Il tutto in una chiave di profonda instabilità economica e crisi politica, ad alimentare la scarsa sicurezza del Paese e l’aumento strutturale della microcriminalità in zone specifiche e “comode”.
Il progetto si è concluso il 13 di giugno, chiudendo così il mio periodo di permanenza lì. Dalla settimana successiva sono stato inserito nel progetto ENGIM “Wash”, a supporto del team di tre persone fisse con la cooperazione della comunità kichwa “Casa Blanca”, vicino la città di Archidona, nella regione del Napo.
Questo progetto tocca la pianificazione comunitaria nel costruire un impianto idrico che possa garantire l’accesso all’acqua potabile in un’area specifica.
Richiede una lunga programmazione tecnica e una fase di sviluppo manuale e faticosa, alla quale la “minga” diventa strumento portante per poter realizzare l’opera.
Lavorare in minga vuol dire coinvolgere tutta la comunità a partecipare attivamente nel quotidiano, ristabilendo concetti come il lavoro, la serietà che esso comporta, il tempo e le sue varie strategie per ottimizzare processi, il vantaggio dell’essere in gruppo e l’importanza delle competenze tecniche all’interno del team.
Diventa così un compromesso difficile da mantenere e rispettare. Molte questioni culturali possono diventare delle vere e proprie barriere nella comunicazione e partecipazione dei membri della comunità. In questo caso specifico, solamente nelle giornate di bisogno reale numerica la comunità si è organizzata in un grande gruppo, per lavori di manutenzione e finalizzazione “normali” la partecipazione non è stata molto alta.
Indipendentemente da questo problema, posso dire che un processo di condivisione dei saperi si è messo in pratica e sta funzionando. Ha portato a specifici membri sempre presenti a formarsi altamente riguardo competenze tecniche e manuali che possono portarli ad essere più indipendenti nella gestione e ideazione di impianti simili a quelli offerti da ENGIM con il progetto “Wash”.