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TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI SILVIA

“Il lavoro umanitario tra tagli, incertezze e necessità”, di Silvia Pelella, Corpi Civili di Pace, Quito (Ecuador)

Sto attualmente svolgendo il mio periodo di servizio con i Corpi Civili di Pace a Quito, in Ecuador. Collaboro con il Consejo Noruego para Refugiados (NRC) come assistente legale, affiancando il team nella gestione delle pratiche per l’ottenimento di visti, in particolare per persone provenienti dal Venezuela e dalla Colombia. Il nostro lavoro consiste nel fornire informazioni legali, supportare i beneficiari nella compilazione della documentazione necessaria e accompagnarli nel processo di richiesta di asilo o di altri tipi di regolarizzazione migratoria. 

Il contesto in cui operiamo è complesso. L’Ecuador è un paese che riceve un alto numero di persone rifugiate o in mobilità forzata, in particolare venezuelani, molti dei quali si trovano in una condizione di irregolarità e vulnerabilità. La burocrazia è spesso difficile da comprendere, e spesso i migranti non sono informati sulle possibilità e i diritti che hanno. In questo scenario, il nostro lavoro ha un impatto concreto nel facilitare l’accesso ai diritti e nel fornire orientamento in un sistema che per molte persone è opaco. 

Negli ultimi mesi, però, stiamo affrontando una crescente difficoltà legata alla diminuzione dei fondi internazionali destinati alla risposta umanitaria. In particolare, i tagli provenienti dagli Stati Uniti hanno avuto effetti diretti sulla nostra capacità operativa. Questo si traduce in una riduzione del personale, carichi di lavoro più elevati e una maggiore incertezza sulla continuità dei servizi offerti. In pratica, dobbiamo fare di più con meno risorse, in un contesto che richiederebbe invece un rafforzamento delle risposte. 

Lavorare in queste condizioni può essere frustrante. Sappiamo quanto sia urgente per i beneficiari ottenere aiuto, ma spesso ci scontriamo con limiti strutturali che non dipendono da noi. Nonostante ciò, si cerca di mantenere un approccio professionale e di offrire un servizio il più efficiente possibile, anche grazie alla collaborazione e la disponibilità di colleghi. 

Dal punto di vista personale, questa esperienza mi sta facendo riflettere molto sulla natura del lavoro umanitario. È un settore che richiede grande adattabilità, resistenza allo stress e capacità di lavorare in contesti in continuo cambiamento. Allo stesso tempo, mi ha permesso di rafforzare competenze pratiche e relazionali. Ascoltare le esperienze delle persone che accompagniamo è spesso difficile, ma anche un’occasione per capire meglio la complessità dei fenomeni migratori e l’importanza che ricoprono questi fondi in un contesto mondiale così difficile e precario.  

Il volontariato in questo contesto non è solo un’attività di supporto, ma diventa anche un modo per leggere da vicino le conseguenze di politiche globali e locali. Raccontare questa esperienza significa quindi dare un contributo alla comprensione di un sistema che troppo spesso resta lontano dagli occhi di chi non lo vive direttamente.

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