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TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI DAVIDE

 

‘’Dove la difficoltà diventa crescita’’, di Davide Marella, Corpi Civili di Pace - Lago Agrio (Ecuador)

 

Ad oggi, condensare queste settimane fervide di stimoli che hanno accarezzato tutti gli umani sensi risulta quantomeno un compito complesso, tuttavia non mi scoraggerà dal dar loro una forma scritta.

Cominciando presentando il contesto, Lago Agrio appare come una macchia scura che stona quando la si accosta alle meraviglie della Foresta Amazzonica nelle quali è incastonata. Una città dominata dal grigio dell’asfalto e degli edifici che si confonde con quello delle nubi sempre pronte a scaricare pioggia incessante. Se, però, mi limitassi solamente a fornire quest’immagine, cinica e sconfortante, starei calpestando la forza e la vitalità delle tante persone che qui stanno affondando le proprie radici, spesso nemmeno avendo la possibilità di sceglierlo. Devo ammettere che cadere nella trappola della rottura culturale è piuttosto semplice. I ritmi di vita, le comodità, il cibo e molte altre sfaccettature che costituiscono il quotidiano “lago agrense” si distinguono antiteticamente con ciò che asserisce al modello occidentale. Dunque, il processo di adattamento, fisico e mentale, si è dimostrato intenso, certamente, ma al contempo ha risvegliato nel mio subconscio una curiosità che avanzava ad ogni passo verso la scoperta della moltitudine di tradizioni e conoscenze che caratterizza questa zona.

Fin da subito il mio interesse è stato catturato dalla relazione che persiste tra uomo e natura, contraddittorio per certi versi e ammirevole per altri. Pare assurdo come un territorio dalle risorse naturali più florido del pianeta sia paradossalmente il più sfruttato e danneggiato. Non sto scoperchiando nessun vaso di Pandora, chiaramente, tuttavia sperimentarlo con la propria percezione rappresenta un processo annoso e che lascia perplessi, per usare un eufemismo. D’altro canto, è impossibile non rimanere stupefatti, esplorando più da vicino la verde e viva cornice poco fuori dal centro urbano, di fronte alla profonda conoscenza sulle specie animali e vegetali e di come esse possano essere una risorsa in ambito curativo, di sostentamento e perché no anche sul piano sociale (si pensi alle cerimonie legate alle comunità indigene).

Per quanto riguarda il lavoro in cui sono coinvolto, io e la mia compagna di progetto siamo stati letteralmente catapultati nell’attività di “Escuelas Resililentes”, (programma realizzato da UNICEF, ma gestito da ENGIM) con il proposito di sensibilizzare gli studenti delle scuole pubbliche locali su temi come igiene personale, cambiamento climatico, migrazione e educazione energetica attraverso lezioni dinamiche e totalmente orizzontali. Nonostante siamo entrati a progetto in corso, grazie alla bella energia dei colleghi e alla partecipazione attiva degli studenti, i feedback sono stati molto soddisfacenti ed ho potuto apprezzare lo scambio continuo con i ragazzini e le ragazzine che ci hanno accompagnato in questo percorso di mutuale condivisione. Mi hanno sorpreso per capacità creative, adesione, collaborazione, idee e fantasia, ma soprattutto per lo sguardo curioso con il quale si approcciano al mondo. Custodirò con tenerezza i momenti di svago, gioco e chiacchiere nelle pause del “recreo” e dell’”almuerzo”, nei quali ho sentito completamente crollata qualsivoglia barriera culturale. Non abbiamo avuto la tracotante pretesa di cambiare le sorti delle future generazioni, bensì conserviamo la speranza che possano aver sviluppato un atteggiamento più critico sulle tematiche proposte.

Dopo questa parentesi, durata circa un mese, ho iniziato le attività nel mio progetto principale nella sede Caritas all’interno del Vicariato Apostolico di Sucumbios, il quale si propone di fornire assistenza sul piano sociale, economico, di salute e di integrazione a rifugiati e migranti. Fin da subito, grazie all’ambiente lavorativo disteso e organizzato, ho avuto la possibilità di interfacciarmi con una realtà contornata da diverse criticità. Il nostro compito, per il momento, è quello di ascoltare e intercettare le vulnerabilità e le necessità delle persone che richiedono supporto attraverso il loro vissuto attuale e passato e indirizzarle all’area che possa gestire nel modo migliore il loro caso, qualora rispettino determinati criteri.

Inoltre, ci è stata conferita una discreta libertà nel proporre laboratori o attività che possano implementare l’efficienza dei servizi che offre Caritas. In aggiunta, ho avuto mod di prendere parte attiva in un altro ramo del progetto, quello destinato al rafforzamento della produzione e distribuzione agricola nelle comunità indigene nelle zone limitrofe di Lago Agrio. Un’esperienza altamente stimolante tanto per il contesto totalmente nuovo che per le competenze trasversali che permette di acquisire. Stare a stretto contatto con forme di società con meno sovrastrutture sociali mi ha concesso spunti di riflessioni sul piano civile e umano a dir poco arricchenti.

Dunque, sebbene siano passati poco meno di due mesi, sento di essermi calato abbastanza fluidamente nel contesto che, seppur complicato e per certi versi ostile, si sta rivelando come una fonte costante di crescita e sviluppo personale. Certo, non mancheranno i momenti duri, tuttavia ritengo che non spengano affatto il senso dell’esperienza, bensì lo possano accendere. Perché ciò che è autentico il più delle volte trae origine proprio da ciò che si allontana dalle comodità.

 

 

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