TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI ELISA
In stato di “dismemoria”, Di Elisa Fazio, Medellin (Colombia)
El olvido es un río que borra caminos,
se lleva los nombres, apaga los signos.
Es la sombra callada que avanza sin más,
dejando en la niebla lo que fue atrás.
La desmemoria es tierra sin huella,
un cielo sin luna, sin luz ni estrella.
Es el eco que nunca vuelve a sonar,
un silencio profundo que no quiere recordar.
Se ocultan las voces, se pierden los rostros,
la historia se quiebra en fragmentos rotos.
¿Quién cantará lo que nadie vio?
¿Quién guardará lo que el tiempo olvidó?
El olvido es frío, es viento fugaz,
que barre los pasos sin dejar paz.
Pero en la desmemoria también hay dolor,
pues borrar lo vivido es borrar el amor.
Medellín, risorta dalle proprie ceneri, porta ancora le cicatrici di una storia segnata da conflitti e violenze. Tuttavia, proprio da queste ferite profonde è nata una straordinaria capacità di resilienza e di rigenerazione.
Il concetto di memoria è ovunque in Colombia. Eppure, la prima parola che mi colpì fu proprio l'esatto opposto: la desmemoria. In ogni conversazione, in ogni angolo di strada, in ogni museo, la storia del Paese sembra volersi riappropriare del presente. Eppure, la ferita della violenza e dell'oblio è ancora aperta. La ‘desmemoria’ è una presenza silenziosa, un vuoto che chiede di essere riempito.
Durante le prime settimane della mia permanenza a Medellín, ho assistito allo spettacolo "En estado de desmemoria". Anche se non sono un'amante dei musical, ha avuto un forte impatto su di me.
Il prologo, un canto indigeno recitato da due attori anziani, ha segnato l'inizio di una narrazione che mette in luce le atrocità del colonialismo. I coloni arrivano, portando con sé guerre e distruzione, mentre la cultura indigena viene smantellata e sostituita da una nuova realtà che cancella storie, nomi e rituali. La rappresentazione ha evocato un forte senso di perdita: cosa accade quando alle persone viene negata la libertà di ricordare e trasmettere le proprie origini e la propria identità?
Lo spettacolo prosegue intrecciando balli folkloristici delle diverse epoche con la narrazione della tormentata storia della Colombia, segnata da una lunga serie di conflitti. Dalla colonizzazione spagnola (1500-1810) alla lotta per l'indipendenza (1810-1824), alla nascita della Repubblica di Gran Colombia seguita da profonde divisioni interne, culminando nella dissoluzione della confederazione.
Non vengono di certo omesse le numerose guerre civili tra liberali e conservatori nel XIX secolo, tra cui la devastante Guerra dei Mille Giorni (1899-1902), che provocò gravi perdite umane ed economiche.
Per poi finire con il XX secolo segnato da La Violencia (1948-1958), un conflitto scatenato dall'assassinio del leader liberale Jorge Eliécer Gaitán, che portò all’inizio di un nuovo periodo di violenza che non è mai veramente finito.
Dalla nascita delle guerriglie negli anni '60, come le FARC, fino alla nascita di gruppi paramilitari negli anni '80, il conflitto ha visto un'escalation di violenza che ha coinvolto non solo i combattenti, ma anche la popolazione civile. La guerra ha creato un ciclo di violenza che ha portato a migliaia di desaparecidos, a famiglie distrutte e a una società traumatizzata.
La “desmemoria”, in questo contesto, diventa un tema centrale.
Le voci di chi ha vissuto la storia vengono silenziate, e i volti si perdono nell'olvido. Chi porterà avanti la narrazione di queste vite? Chi ricorderà l'amore e il dolore di chi è stato dimenticato? Alcuni settori sociali minimizzano o addirittura negano la gravità del conflitto armato: ciò non fa che aumentare la distanza tra le diverse esperienze vissute.
Inoltre, la questione dell’impunità per le atrocità commesse durante il conflitto complica ulteriormente il processo di guarigione. La mancanza di giustizia non permette alle vittime di elaborare il loro dolore e impedisce alla società di affrontare il proprio passato in modo costruttivo. Questo si riflette anche nell'educazione, dove spesso le generazioni più giovani non ricevono una formazione adeguata sui temi storici, privandoli della possibilità di comprendere a fondo il contesto in cui vivono.
"En estado de desmemoria" non è solo uno spettacolo teatrale; è un appello a non dimenticare. È un invito a rimanere vigili e a resistere all'oblio. La memoria, nonostante gli sforzi del tempo di cancellarla, ha una forza intrinseca: in ogni sussurro, in ogni ricordo, essa rinasce. “Riconoscere il nostro passato, con tutte le sue complessità e contraddizioni, è essenziale per costruire un futuro che onori le storie di tutti” mi disse un giorno David di un collettivo che riscostruisce la memoria dei barrios attraverso l’arte urbano. In questo modo, la memoria collettiva può diventare un ponte verso la riconciliazione e la costruzione di una società meno violenta.
La strada è ancora lunga. La cultura del silenzio e della paura, del "non si può", è ancora adicata in molti. Rompere questo silenzio è un compito arduo, ma necessario, dicono la maggior parte die colombiani con cui sto interagendo.
La memoria è un ponte che collega il passato al futuro, è un faro che illumina il cammino delle individualità e della collettività e va costruita insieme.