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TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI SARA

 

‘’L’Albania che mi ha cambiata: radici inaspettate, legami indissolubili’’ - di Sara Orsi, Servizio Civile UniversaleFier (Albania)

 

L'Albania non è stata facile. L’avevo sottovalutata. Prima di partire, pensavo che stare qui sarebbe stata una passeggiata, che non avrei avuto difficoltà a integrarmi o a sentirmi parte di qualcosa. Mi sbagliavo. E sono stata ingenua.

 

Fier, dove vivo ormai da quasi nove mesi, non è così simile all’Italia come immaginavo. Certo, in alcuni tratti la ricorda, ma il modo di vivere, le persone, gli sguardi, i paesaggi, gli odori, la musica, la luce… tutto è diverso.

Scontato, no? Per me, no. Ho sempre pensato che per sorprendermi servissero cose grandi, eclatanti. Invece, dopo questa esperienza, ho capito che mi sbagliavo di nuovo.

 

Stare a Fier è difficile, e non lo nego. La città è piccola, offre poche opportunità di svago e trovare coetanei con cui stringere legami è complicato: i giovani della mia età stanno tutti emigrando. Ma, nonostante tutto, i legami li ho creati. E sono legami forti.

 

Li ho creati con i bambini della comunità rom di Drizë, con i quali passo letteralmente venti ore al giorno. Anche loro, all’inizio, erano difficili da conquistare. Rafael, per esempio, mi teneva a distanza di sicurezza e mi studiava con lo sguardo, anche se la curiosità, a volte, lo spingeva ad avvicinarsi un po’ di più. Altri, come Ledjon e Kristian, adoravano fare scherzi e prendersi gioco di noi volontari, ben consapevoli che tra l’albanese e il romanì capivamo ben poco.

Poi ci sono stati bambini affettuosi fin dal primo momento, come Xhoel, Valanti e Joel, che da subito hanno mostrato il loro immenso bisogno di amore e attenzioni.

 

Oggi le cose sono cambiate. O meglio: i bambini e io siamo cambiati. Rafael, quando mi rivede dopo qualche giorno, mi corre incontro e mi stringe in un abbraccio fortissimo. A volte, dal nulla, mi dà un bacetto sulla guancia. Mateo, uno dei ragazzi più grandi, ci aiuta sempre nelle attività e spesso dice che siamo i suoi fratelli. Letteralmente dice: “Sara është motra ime”, cioè “Sara è mia sorella”.

 

Anche dal punto di vista lavorativo abbiamo fatto passi da gigante. Siamo un gruppo solido, con tanta voglia di fare e di vedere i bambini felici. La novità più grande è stata l’apertura del centro comunitario all’interno del villaggio. Non solo ci gestiamo da soli, senza l’aiuto pratico di nessun altro, ma grazie a una raccolta fondi che abbiamo portato avanti insieme, siamo riusciti a sostenerci anche economicamente.

E la cosa più bella è vedere quanto i bambini siano felici di venire al qendra.

Ogni mattina, quando siamo tutti insieme sul furgon che ci accompagna a scuola, la domanda arriva puntuale: “Qendra sot?” (Il centro è aperto oggi?), “Kur është hapur qendra?” (Quando aprite il centro?).

E forse, proprio in questa routine, in questa costante attesa, c’è la conferma di quanto questo posto sia importante per loro. Non solo per giocare, ma anche per imparare.

 

Le sfide quotidiane sono molte, ma una in particolare mi ha stupita per quanto sia difficile: insegnare il valore della condivisione e della collaborazione.

Proprio ieri ho vissuto un momento che mi ha fatto pensare che, forse, qualcosa di buono lo stiamo davvero facendo. Stavamo preparando delle decorazioni floreali con la carta velina per celebrare sia l’inizio della primavera che la Giornata della comunità rom.

Tra le bambine c’era anche Zoe, che non capisce una parola di albanese: parla solo romanì. È piccola ed energica, quindi fatica a concentrarsi a lungo. Aiutarle tutte contemporaneamente era impossibile, ma a un certo punto ho visto Daiana – anche lei un piccolo tornado – avvicinarsi a Zoe e iniziare a guidarla. Alla fine, hanno fatto il fiore insieme.

È stato in quel momento che ho pensato: ce l’abbiamo fatta.

 

Come dicevo prima, la vita a Fier non è tra le più semplici, però anche al di fuori del lavoro ogni tanto accadono episodi che mi strappano un sorriso.

Spesso i bambini, spinti da una grande curiosità, mi salutano per strada, mi fanno un sorriso, mi chiedono da dove vengo e se mi piace l’Albania.

Ma i più simpatici, a volte buffi e sempre gentili, sono gli anziani. Fier ne ospita un’infinità, e sono davvero molto carini. Le donne sono fortissime, invincibili: anche in età avanzata continuano a portare avanti le loro attività, aiutano i figli, viaggiano. Spesso ne ho incontrate sui bus in giro per l’Albania, mentre raggiungevano o tornavano dai figli in altre parti d’Europa. Lo stesso vale per i signori, che spesso si trovano vicino alla moschea per giocare a scacchi e domino, vestiti di tutto punto, oppure passeggiano lungo il fiume. Proprio lì, qualche giorno fa, ho incontrato un anzianotto dolcissimo con la coppola, che con un inglese arrangiato mi ha chiesto come stessi. Io gli ho risposto in albanese, e lui – stupitissimo – mi ha fatto un grande sorriso.

Abbiamo scambiato due parole e, quando me ne sono andata, mi ha detto: “I love you!”.

Mi ha riempito il cuore…e anche un po’ divertita.

 

Fier, gli occhietti dei bimbi rom, i bambini per strada, i vecchietti, i quintali di carne, l’odore di petrolio, le cavallette, i tramonti, la curiosità, l’Albania… resteranno per sempre con me, nel mio cuore.

 

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