TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI BENEDETTA
“Ibarra: una città ricca di storie” di Benedetta Terranova, Ibarra (Ecuador)
"Muy buenos dias” esclama la voce gentile di una signora dal suo piccolo negozietto all’angolo. Poi, cinguettio degli uccelli che abitano il Parque de la Merced, la canzoncina del camioncino del gas, un ritmo di salsa che anima le strade della città fin dalle prime ore del mattino e l’immancabile clacson di qualche tassista spazientito dal traffico mattutino e dal caos delle vie del centro. Suoni che si fondono nella sinfonia che dà inizio a tutte le mie giornate ad Ibarra e che ogni mattina mi accompagna in ufficio sotto lo sguardo del vulcano Imbabura.
Sono passati poco più di due mesi dal mio arrivo qui, un tempo che certamente non è sufficiente per comprendere e per sentirsi a pieno parte di un contesto nuovo e complesso come quello in cui mi trovo, ma nel contempo abbastanza lungo da permettermi di osservare un poco intorno e di acquisire una minima dimestichezza nei nuovi panni che ora indosso.
Ibarra è una piccola città dell’Ecuador settentrionale, incorniciata dalle montagne andine che si stagliano maestose all’orizzonte e attorniata da lagune e paesaggi sconfinati che tolgono il fiato. Molti degli edifici del centro storico, incastonati tra chiesette e piccoli parchi, ricordano l’architettura coloniale e rievocano le tracce di un passato non poi troppo lontano. Attraversata da culture e tradizioni centenarie e distante dalla frenesia e dai mille stimoli di una metropoli, la vita ad Ibarra è scandita da ritmi più lenti e il tempo sembra dilatarsi.
Mi sono bastate poche settimane per rendermi conto che la percezione dei minuti che passano è relativa e che un “ci vediamo ahorita” può voler dire che passeranno delle ore. Osservo la capacità di stare nell’attesa e l’abitudine a muoversi nell’imprevisto così diffuse da queste parti e mi ricordo che la pazienza va solo allenata e che in fondo “no pasa nada”. Forse non mi sono ancora abituata agli sguardi curiosi e interrogativi delle persone locali, e ancora mi stupisce sentire sconosciuti che si congedano augurandosi il miglior bene, eppure giorno dopo giorno tutto sembra essere più familiare.
Emozioni e ricordi iniziano ad associarsi agli angoli della città e, insieme ai sorrisi di volti amici che mi capita di incontrare per caso, mi aiutano a sentire questo posto un po’ più casa. Insieme all’entusiasmo e alla forte curiosità di questi mesi non mancano i momenti di sfida e di fatica che la vita in un paese diverso inevitabilmente porta con sé, ma tra i mille odori, forme e colori tra cui ci si perde facilmente, scopro risorse inaspettate e nuove piccole consapevolezze che prendono forma dentro di me.
Nonostante le dimensioni contenute, Ibarra è ricca di storie e conversando con tassisti e negozianti può capitare di ascoltare aneddoti, curiosità e frammenti di vita che offrono piccoli spaccati sulla società ecuadoriana e che raccontano sguardi e percezioni di una realtà piena di contrasti. Infatti, a fianco alle pittoresche vie del centro e dell’atmosfera serena che si respira a primo impatto, esiste un’altra faccia della ciudad blanca, che all’ombra del margine nasconde urgenti problematiche sociali radicate anche in altre aree del paese da diversi anni.
Negli ultimi tempi le interferenze del narcotraffico hanno esasperato situazioni di già dilagante corruzione e violenza, e l'aggravarsi dell’instabilità socio-economica ha intensificato disoccupazione e povertà diffusa. Questo scenario contribuisce all'abbandono scolastico e favorisce il lavoro infantile che oggi compromettono lo sviluppo di migliaia di bambini. A ciò si aggiungono alti tassi di malnutrizione e il significativo problema delle gravidanze infantili.
Pur fronteggiando complesse sfide di questo tipo, nell’ultimo decennio il paese ha registrato un forte aumento del numero di persone in mobilità che, a causa del deterioramento delle condizioni di vita in Colombia e in Venezuela, si sono stabilite in Ecuador o che semplicemente vi hanno transitato per dirigersi in altri paesi dell’America Latina. Ibarra, trovandosi piuttosto vicino al confine con la Colombia, è diventata meta di molte rotte e conseguentemente teatro delle ingiustizie di cui è spesso vittima la popolazione migrante che, oltre a dover affrontare la precarietà di un presente incerto, si trova anche a subire episodi di xenofobia e razzismo.
Alle azioni che tentano di arginare queste dinamiche e meccanismi contribuisce e si inserisce anche Fudela, l’associazione presso cui sto svolgendo il mio anno di Servizio Civile Universale. La fondazione, che si propone di favorire lo sviluppo umano integrale e di rafforzare la coesione comunitaria, è attualmente impegnata in due progetti che coinvolgono la comunità migrante. L’uno è volto a facilitare il processo di integrazione di bambini e ragazzi e il loro inserimento in un contesto nuovo dove poter costruire dei legami, una rete di appoggio, e gettare le basi per un futuro.
L’altro verte invece sull’inclusione socio-economica di giovani migranti adulti offrendo corsi di formazione professionale, accompagnati da sessioni di formazione non formale focalizzate su temi come il lavoro di squadra, il rispetto, la consapevolezza e l'autostima. Un elemento distintivo di tutto questo processo, e molto caro all'associazione, è l'approccio adottato, che oltre alla pura formazione tecnica e alla creazione di competenze, mira a promuovere il benessere integrale dei singoli individui, per esempio lavorando molto sulla creazione di un gruppo unito di persone che possano aiutarsi e sostenersi reciprocamente.
Ad oggi ho potuto notare che le reti di appoggio e le capacità interpersonali possono spesso rivelarsi risorse preziose in un contesto in cui oltre alle ristrettezze economiche si devono fronteggiare problemi familiari, condizioni lavorative poco dignitose e situazioni di solitudine e frustrazione di cui gli utenti spesso si fanno portatori. Lavorare a diretto contatto con molti e molte di loro infatti mi ha permesso di ascoltare storie e vissuti complessi che tuttavia non mancano mai di coraggio e determinazione. La tenacia con cui sognano il proprio futuro e la gratitudine che mostrano verso ogni possibilità di rivalsa mi parlano di un forte desiderio di cambiamento e mi ricordano perché qualche mese fa sono salita su un aereo carica di bagagli e interrogativi.