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TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI GIULIA

LA PROSPETTIVA DA UN ALBERO DI MANGO - Di Giulia Cocco, Tena (Ecuador)


Osservo la luna e la vedo crescere e calare in modo diverso da com’ero abituata; ascolto i suoni della selva che descrivono un ecosistema unico; immagino un mondo curioso attraverso gli occhi dei bambini; non riesco mai a prendere sonno facilmente… Sono passati poco più di due mesi dal mio arrivo in Ecuador ma sento che tutto è ancora molto intenso, troppo intenso anche per essere descritto ma proverò a farlo. Mi trovo a Tena, città amazzonica ai piedi delle Ande, dove le giornate sono dense di cose da fare e per questo le settimane sembrano anni ma volano come secondi e la paura è quella di arrivare in fondo senza accorgersene.

Per noi ragazze del progetto educativo, le giornate principalmente possono essere di due tipi anche se i colpi di scena, gli imprevisti e i cambi di programma non mancano mai. la prima tipologia di giornata inizia in città con tanti abbracci a l’Escuela Especial Maximiliano Spiller; appena apriamo il cancello della scuola bambini, bambine, ragazze e ragazzi ci vengono incontro, qualcuno urla il nostro nome e ci abbracciano con una spontaneità che mi sorprende sempre e fa bene al cuore. L’Escuela Spiller riunisce studenti di diverse età, tutti con disabilità, disabilità molto diverse fra loro. Più conosco questa realtà e più capisco quanto fosse impossibile immaginarla in modo veritiero prima di viverla.

Nelle scuole in Ecuador, tutti i bambini indossano una divisa ma in particolar modo qui alla Spiller nessuna maglietta bianca o pantalone grigio può uniformare il loro modo di essere, di giocare, di arrabbiarsi, di sentire, di ballare, di sorridere, di comportarsi… Fin da subito, mi accorgo che non sapere lo spagnolo in questo contesto non è poi così rilevante e che le emozioni viaggiano su canali più semplici e sono trasmesse senza filtri. Inizio qui a considerare una terza lingua oltre allo spagnolo e al kichwa, la lingua dei segni. Vilma, una maestra con una sensibilità diversa rispetto agli altri docenti, ci insegna questa nuova lingua e ne comprendiamo subito l’importanza.

Le giornate sono poco prevedibili e non importa se hai concordato con il preside e tutti gli insegnanti che in tale data vuoi organizzare un’attività con gli studenti, probabilmente nessuno si ricorderà nemmeno di avvisarti che quel giorno ci sarà una minga (lavoro comunitario), la festa di fine mese, il giro in trenino per la città, i balli di gruppo e via così; acostumbrarse. Mi domando spesso quale futuro possano avere questi ragazzi una volta finito il percorso scolastico e penso ad Emily, una ragazza che ho conosciuto da pochi giorni perché prima non veniva a scuola, non aveva il pullman e nessuno la poteva accompagnare. Marciapiedi, negozi, trasporti pubblici non sono utilizzabili per la maggior parte dei cittadini disabili come allo stesso modo l’Escuela Especial è solo per bambini e ragazzi con disabilità.

Piano piano sto conoscendo meglio questa realtà e anche se a volte può essere faticoso con Laura ci siamo dette che in sottofondo c’è una musica felice che ci accompagna durante quest’esperienza. L’altra giornata inizia invece nella cucina di Casa Bonuchelli dove con le altre compagne di progetto prepariamo il pranzo per i bambini della comunità kichwa Huamaurco. Ormai tagliamo con destrezza il pollo, sappiamo che il maduro andrà a ruba e mettiamo abbastanza panela nella guayusa per non farci riprendere dai bambini con la frase “falta azucar”. Dopo aver cucinato arriva la camioneta che per una strada sterrata, rovesciando un po’ di guayusa, ci porta a l'escuelita Francisco Grefa.

Ci sono due strutture, una per i più grandi e una per i più piccoli ma sono comunque aule uniche e i bambini al loro interno sono divisi per anno ma fanno lezione sempre tutti insieme. Mara ed io entriamo nella classe dei più piccoli a fare lezione di inglese, alle pareti in legno sono attaccate delle piante in vasi fatti con bottiglie riciclate, le finestre non hanno vetri e il tetto è rigorosamente in lamiera dove se piove il rumore forte della pioggia ci silenzia tutti. «Ah guarda, oggi c’è anche un gallo che fa lezione con noi, ogni tanto si fa un canto finché la maestra Blanca non viene a prenderlo per portarselo a casa infilandolo in una busta.» Dopo l’ora di inglese mangiamo, nelle pentole non avanza mai niente, i bambini lavano i loro piatti dalla tanica d’acqua piovana, ci ringraziano sempre per il pasto.

C’è un’ attenzione dei più grandi verso i più piccoli e nella divisione delle porzioni del bis che ogni volta mi stupisce e di colpo mi sembra di essere con persone adulte. Finito il pranzo iniziano a giocare e tornano subito bambini. Diverse cose mi riportano al passato qui in Ecuador e una cosa sono appunto i giochi dei bambini di Huamaurco: salto alla corda, biglie e trottole non mancano e tutto avviene secondo un movimento che ama la realtà e l’essenziale. Giochi poco strutturati e arrampicarsi sugli alberi sono le cose che preferiscono ed ecco il protagonista verde dell’escuelita: l’albero di mango; dai più grandi ai più piccoli tutti si arrampicano con grande agilità, alcune volte mi arrampico anch’io ed è bellissimo stare lassù con loro, condividere la stessa prospettiva con una specie di complicità nell’aria.

Per comprendere meglio la vita di questi bambini, un giorno gli chiediamo se ci possono portare a fare un giro della comunità, prima facciamo una lista delle cose da vedere e leggendola troviamo: a ver los platanos, a ver arboles de guaba, a ver manzana de agua de Cristopher… la maggior parte delle cose da vedere sono piante! E’ stata una giornata bellissima che richiederebbe una testimonianza a parte per essere descritta. Alla fine della giornata disegniamo una mappa condivisa della comunità; ci sono tanti aspetti nuovi e diversi che ancora non ho capito bene, aspetti che forse, mi dico e mi dicono, non capirò mai. Durante la giornata i bambini prendono la mia macchina fotografica e fanno tantissimi video che ho deciso guarderò solo una volta tornata a casa. Vedo me stessa da un altro punto di vista. E vorrei provare ad essere un albero per oscillare; vorrei essere uno di questi bambini per avere tutto più chiaro; trasformare lo sguardo per mirare altrove… Guardo un'ultima volta la luna da questa prospettiva e mi sento parte di qualcosa di più grande, vado a letto con il sorriso sapendo che l’inverno non arriverà mai.

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