TESTIMONI DI SERVIZIO CIVILE: LA STORIA DI IRENE
“Un pizzico per ricordarci che stiamo vivendo l’Ecuador”, di Irene Lenza, Quito (Ecuador)
La mia esperienza in Ecuador è iniziata da solo poco più di tre mesi. Il tempo sta volando e la voglia di esplorare è sempre tanta. Ogni giorno qui è carico di novità, si scoprono nuovi posti, nuove usanze, nuove parole e tante nuove persone. Ammetto che l’Ecuador non è un posto semplice, soprattutto per il periodo storico che sta affrontando, ci sono tagli di luce ed in alcuni quartieri anche di acqua, l’insicurezza è tanta, le distanze sono gigantesche ed il malcontento dilaga ... la tensione è generale e tangibile.
Nonostante questa funesta premessa l’Ecuador è un Paese che ha tanto da offrire, nonostante la grandezza ridotta se comparato agli altri stati sudamericani, ha davvero molta affascinante diversità, di clima, di flora, di fauna e di persone. La sierra, ovvero la fascia centrale del Paese, in cui si trova Quito, è molto bella, piena di vulcani, montagne e lagune, lo sguardo si perde affascinato e affamato guardando paesaggi così immensi, si vorrebbe imprimere nella mente quella sensazione. L’Amazzonia invece, è qualcosa di totalmente diverso e difficile da descrivere, è magica! Un’immensa distesa di verde che si estende per chilometri e chilometri, le foglie sono più grandi di noi, ci sono animali curiosi, colori pazzeschi, fiumi da attraversare. Lì in mezzo i padroni non sono più gli uomini, ma la natura, immensa e selvaggia. L’esperienza del servizio civile è totalizzante, si espande in ogni ambito della vita, lavoro, viaggi, amicizie, convivenza, e da ogni cosa sto cercando di imparare il più possibile.
La mia attività qui consiste nel lavorare all’interno della scuola bilingue Yachay Wasi (che in kichwa significa “casa del sapere”), che basa la sua istruzione sull’ Ishkay Yachay, che significa doppio sapere, poiché l’obiettivo è proprio quello di convergere il lato moderno dell’istruzione con quello ancestrale. Il mio lavoro è molto trasversale, come lo è l’ottica di tutta la scuola del resto.
Sto sviluppando la capacità di reinventarmi e d’improvvisazione come mai prima d’ora. Ci sono davvero tante sfaccettature, oltre a fare lezione, ci occupiamo anche della chakra, ovvero dell’orto, e di attività extra a seconda dei bisogni, come la raccolta del miele o la creazione di “fundas ecologicas”; inoltre, spesso siamo parte dell’organizzazione di eventi volti a sensibilizzare su temi specifici ed a sostenere la diversità culturale che c’è all’interno della scuola. Ad esempio, lo scorso dicembre abbiamo partecipato al Kapak Raymi, il Natale ecologico, ed abbiamo celebrato anche il Kwanzaa per onorare le radici afro; ad ottobre, invece, al rituale della semina, in cui abbiamo seminato e ringraziato la madre terra, la Pachamama; a novembre invece, oltre alle attività per il giorno dei morti, festività molto sentita qui, abbiamo anche celebrato mama Dolores Cuacuango, paladina indigena che ha lottato per il diritto all’educazione dei popoli indigeni.
Le cose che più mi colpiscono ogni giorno della scuola sono l’empatia e l’umanità che vengono trasmesse quotidianamente. L’attenzione che si presta all’attualità ed alle diverse lotte sociali è giusta e ammirevole, mi sta facendo avere un po’ più di fiducia nel mondo. Mi stupisco o, meglio, mi meraviglio spesso della consapevolezza che hanno i bambini. Sto imparando molto attraverso di loro, sia dal punto di vista delle conoscenze, ad esempio sulla cosmo visione andina, sulle festività, sulla simbologia, sulla coscienza di ciò che ci circonda e la connessione che c’è tra tutti gli esseri viventi, ma soprattutto sto apprendendo tanto dal punto di vista umano.
Un altro aspetto importante di questa esperienza è la connessione e condivisione dei momenti con i tuoi compagni di viaggio, gli altri volontari. Sei catapultata con persone che non conoscevi e questo sicuramente non è semplice, ma in una realtà nuova di cui conosci pochissimo e la lingua non così fluente, i tuoi compagni diventano una bella ancora a cui aggrapparsi. Sicuramente ci vuole tempo per conoscersi e capirsi, sono periodi fatti di compromessi ma anche di tanta e bella condivisione. Il periodo di assestamento è lungo, però si trovano dei momenti belli e divertenti. È come un gioco, più conosci degli altri, più conosci anche cose di te stessa, si imparando anche i propri limiti ed a comunicare meglio, è una grande crescita personale. In generale, comunque, essere in contatto con gli altri volontari è sicuramente utile e piacevole. Mi piace molto il sostegno reciproco e la solidarietà che si è instaurata, ci sono paure ed insicurezze che spesso può capire solo chi si trova nella nostra stessa situazione.
L’esperienza nel complesso ha tante difficoltà, ma sicuramente queste si bilanciano con le tante esperienze uniche e belle; quello che è certo è che si provano emozioni molto intense. Il rischio in cui si può incappare è perdersi il presente, spesso ci si immerge così tanto nella vita quotidiana che ci si dimentica dell’importanza e dell’unicità dell’esperienza che si sta vivendo. Per questo ogni tanto è necessario darsi un pizzico reciprocamente per ricordarsi che si è in Ecuador, che si è insieme, che si sta vivendo un arricchimento unico e che dobbiamo goderci il presente.
Ora che mi fermo a pensare un po’ ed essendo anche l’inizio dell’anno nuovo, è inevitabile fare i conti con quello che è passato e soprattutto prefissarmi dei nuovi propositi. Mi auguro di saper affrontare i problemi e continuare con più grinta questa scoperta quotidiana di me stessa, dei luoghi, delle persone, della società, della diversità culturale e dei miei compagni di viaggio. Mi auguro di meravigliarmi e di arricchire ancora di più il mio bagaglio!